DOMENICA DELLA DEDICAZIONE

16 ottobre 2016

I vangeli di queste ultime tre domeniche, oltre ad essere uno più bello dell'altro, sono lo sviluppo l'uno dell'altro. Mi spiego. Al centro del Vangelo di due domeniche fa troneggiava la frase: siate misericordiosi come il Padre, e dunque amate i vostri nemici, perché il Padre non ha nemici, ma solo figli da amare anche quando gli sono nemici. Di conseguenza, ecco il Vangelo di domenica scorsa, essere misericordiosi significa accogliere l'altro per quello che è e non per quello che fa. E così arriviamo al Vangelo di oggi che è un'ulteriore sviluppo di questa cosa fondamentale. Siccome se siamo onesti riconosciamo di non essere capaci di vivere così, nonostante i nostri sforzi, Gesù ci spiega che non dobbiamo sforzarci per nulla, come gli alberi. Un albero di pere non deve sforzarsi a produrre pere: fa le pere perché è un albero di pere. Punto. È la sua natura. Quindi se io sono buono faccio il bene, se sono cattivo faccio il male. Il cuore buono fa uscire il bene, il cuore cattivo fa uscire il male. Ma siccome riconosciamo di essere bravissimi a fare il male e molto meno bravi a fare il bene, allora concludiamo che siamo un albero cattivo. Bravissimi a invocare Gesù e a chiamarlo Signore, e altrettanto bravi a non fare quello che ci dice. E allora pensiamo di essere un albero di pere che deve sforzarsi di produrre mele, e non ci riesce. Ecco l'errore. Il problema è chiedersi dove affondano le radici dell'albero, dove abita il mio cuore? Ecco allora la parabola delle due case. La casa è il luogo delle relazioni, è simbolo della vita, dire dove abito vuol dire capire chi sono. È uno si sente a casa, cioè felice, dove si sente accolto e amato. E Dio ama eternamente l’uomo, eternamente ci accoglie da sempre, Dio è la nostra casa. Come nei primi nove mesi la nostra mamma è stata la nostra casa, così da sempre tu7 siamo di casa in Dio, perché se tu ami una persona ce l’hai dentro, è in te. E diventa il centro della tua vita e della tua attenzione. E noi siamo al centro della vita e dell’attenzione di Dio, perché egli ci ama infinitamente, per cui noi da sempre siamo in Dio, perché Dio da sempre ci ama. Ma anche Dio a sua volta vive dove è amato e accolto. Praticamente la casa di una persona è il cuore di chi la ama. Gesù sta dicendo: guardate che la vostra casa è l'amore che Dio ha per voi. Se voi ascoltate questa mia parola e vi fidate, che cosa scoprite? Che Dio vi ama per quello che siete, non per quello che fate, vi accoglie per quello che siete, così come siete. Che Dio vi ama come figli perché vi giudica come suoi figli, belli o brutti che siate. Se voi affondate le radici del vostro albero, se voi riuscite a costruire la vostra casa, a mettere il vostro cuore nell'amore di Dio e far entrare Dio nel vostro cuore, cosa succede? Che vi sentite a casa, vi sentite amati, amate voi stessi, e allora diventa automatico poi fare la volontà di Dio, cioè produrre frutti buoni, amare gli altri nel modo in cui Dio ama voi, non è più uno sforzo. Quando tu giudichi l'altro, lo condanni, non lo ami, è perché non hai capito quanto Dio ama te, che Dio con te non fa così, non ti senti nel cuore di Dio, e quindi non produci frutti buoni. E allora tutta la vita crolla, perché se non vivi nell'amore di Dio e non produci amore, sei finito, non esisti più. Non devi sforzarti a fare il bene, ma perché tu faccia il bene devi imparare a stare di casa nell'amore di Dio per sentire quanto Dio ama te. È il suo amore che ti trasforma. Bene, perché proprio questo Vangelo in questa domenica che celebra la Dedicazione del Duomo di Milano, Chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani? Perché ci fa capire anzitutto cosa è la Chiesa: un popolo di peccatori salvati, non di perfetti, la cui missione è portare a tutti la misericordia di Dio che noi abbiamo scoperto e ricevuto sulla nostra pelle. La Chiesa è cattolica, cioè universale, aperta a tutti, casa dove tutti devono potersi sentire a casa perché accolti dalla Misericordia di Dio che si realizza nella misericordia e nell'accoglienza che noi sappiamo portare agli altri. Non sempre è così, ahimè, ahinoi!!! Hanno ancora da realizzarsi le parole profetiche di Isaia ascoltate nella lettura, riferite a Gerusalemme e che noi rileggiamo riferite alla Chiesa: Le tue porte saranno sempre aperte per lasciare entrare in te la ricchezza delle genti. Tutti verranno da te. Tuo sovrano sarà la pace, tuo governatore la giustizia. Non si sentirà più parlare di prepotenza. Il Signore sarà per te luce eterna, il sole che mai più tramonterà. Queste parole si realizzeranno per Gerusalemme e per la Chiesa e si realizzano ogni volta che qualcuno capisce le parole di Gesù e le mette in pratica. E un modo per arrivare a capirle è quello che ci ha indicato il vangelo di oggi, ovvero di ricordare a me stesso (e questo è l'altro significato della festa di oggi) che la dedicazione di edificio, di una chiesa, di una cattedrale, di una casa, appunto, che tutti accoglie, è il segno del fatto che ognuno di noi, dal giorno del suo Battesimo, è stato dedicato a Dio, che sono io la sua casa, che io appartengo a lui e lui a me. E cosa vuol dire appartenere al Signore ce lo ridice l’autore della lettera agli Ebrei, nel brano dell’epistola che abbiamo ascoltato: significa che dobbiamo continuamente offrire sacrifici di lode che sono frutto di labbra che confessano il suo nome. I sacrifici di lode sono le opere di carità, è una vita vissuta nell’amore, e non solo un ripetere: Signore, Signore. Preghiamo perché sia così per tutti e per ciascuno. (don Marco Rapelli)